Se giro di notte
con le mani nelle tasche
e il passo lento di chi sale
mentre il freddo graffia la pelle
e il fiato disegna nuvole calde
non mi prende cura nessuna
dei precipizi del cuore
dei sensi unici della memoria
che scherza con le dimenticanze
agli incroci non frequentati dei ricordi
tavolozze di colori che non indosso più
Tu segui serena i miei passi e forse pensi
quale inganno hai ideato
per superare questa notte
che tarda a passare incolume
tra gli scheletri degli ulivi
che vai cercando
nelle campagne vuote di voci e di bambini
vorrei che queste lanterne di stelle non avessero fine
pure se gli occhi mi brucia la loro luce
ma che importa se cieco
pur che il cuore tornasse a battere
ho preso l’abitudine di te
dietro le tende gonfie di uno sputo di tramontana
che sorprende queste lenzuola disfatte
mi mostra della tua bellezza il profilo certo e chiaro
e mi spinge a cercarti
quando è stato
quando mi hai parlato io non ricordo
dimentico
ma che serve ricordare
se ormai mi è caro il tuo profumo
e il segno del tuo profilo sensuale
e la tua eleganza di frontiera
se so che prometti ciò che non mantieni
e il tuo silenzio svela il mio inganno
e il contorno indefinito del mio passo
sui tuoi fianchi altissimi di montagne
se contro quelle enormità infrangerei il mio assalto
almeno uno
e la ricompensa un fremito di vita
ma che importa se cieco
se ancora posso dirti parole solo nostre
se il profumo delle zagare e i passi lenti dell’hidalgo mi sono propizi
e il sonno continua a tardare
Tra le carte sparse di Mario c’era questa poesia. Poesia? Non saprei se definirla poesia è corretto. E’ più un tentativo di rincorrere i pensieri prima che fuggano via. Non c’è mestiere, ma sono quelle che preferisco.
Chi è Mario? Già, non tutti lo conoscono, in fondo Mario se n’è andato da tempo, di lui resta qualche ricordo nelle persone che l’hanno conosciuto.
Era un sognatore. Era innamorato ma non della vita. Era innamorato della sua donna. Più che un amore, era il ricordo struggente di un amore finito tragicamente molti e molti anni prima. A lei Mario ha dedicato tutti i suoi pensieri, con lei ha continuato a parlare fino all’ultimo, finché è riuscito a legare insieme due pensieri e due parole.
Mario ha scelto di andarsene un giorno come tanti. Ha scelto di essere padrone del proprio destino fino in fondo, anche quando il grumo, come lui lo definiva, lo ha sconfitto. “Sconfitto ma non vinto“! se ci penso riesco ancora a vederlo, Mario, mentre parla con lei, con gli occhi persi in un vuoto che è vuoto solo per tutti gli altri ma non per loro due, separati dal velo di un’illusione. Riesco quasi a vederlo mentre si prende, sorridendo, la sua definitiva rivincita sul destino. Non c’era bufera, quel giorno, il cielo non piangeva le sue lacrime, nessuno lo cercava, il mondo non si è fermato. Un giorno qualunque.
A me piace molto questa poesia e mi piace il modo in cui è scritta,senza alcuna punteggiatura, un po’… no, non richiamiamo poeti che sono assai più grandi di noi. Diciamo che è scritta con l’intento di lasciare libertà assoluta di legare insieme le parole, mettere i propri punti, le virgole. Se, leggendola, vi batte un po’ il cuore, credo che Mario ne sarà felice, altrimenti dimenticatela.Un po’ alla volta, a pezzi. E quando l’avrete dimenticata, più niente resterà di quei sogni.