Al solito posto…

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Ieri notte ero qui. E anche la notte prima… e la notte prima… e la notte prima ancora. Anche questa notte sono qui. Al solito posto… il nostro posto, ti ricordi? Questa topaia indimenticabile, questo cesso sudicio e lercio, il bancone di legno sbiadito e appiccicoso, sgabelli scomodi, pavimento a brandelli… il nostro amato solito posto. Quanti ricordi, maledizione! Come quella volta che abbiamo comprato un libro dell’undicesimo secolo da quel turco di passaggio. Ricordi? Tu eri eccitata… ti sei sempre eccitata con le cianfrusaglie impolverate, amore mio. Ricordo che appena pagammo e lui se ne andò tu mi sussurrasti all’orecchio: “Che cazzo ci fa qui un turco con un libro dell’undicesimo secolo?” e io risposi: “Forse ha viaggiato nel tempo! Scommetto che non lo vedremo più… ritornerà a casa, nella sua epoca. Hai fatto bene a comprare il libro, sai… è autentico! L’avrà rubato da uno scriba assassinato!“. Mi hai dato un pugno sul braccio e abbiamo riso, ricordi? Poi hai esclamato: “Non esisteva la stampa, nell’undicesimo secolo, scemo!“, “Ma che cazzo, allora perché l’hai comprato!?”, “Perché è senza tempo e ce l’aveva in mano un turco appena un secondo fa!”. Che serata, quella. Oppure come quella volta che entrarono quei motociclisti pieni di terra e fango e offrimmo da bere e facemmo l’alba. Oppure quando quella donna partorì proprio di fronte a noi. Ma che razza di posto è? Pensammo! Il posto dove puoi bere una birra tedesca o un buon porto invecchiato ed aiutare una povera donna a partorire. Quella volta che piangesti per la strage in quel villaggio. Quella sera che urlasti “Ti diverti a rovinare la gente, pezzo di merda?!“in faccia a quel viscido avvocato. Oppure quel pomeriggio in cui mi parlasti del tuo primo ragazzo e dell’hiv. Quella notte che mi hai chiesto cosa pensassi dell’aborto. Quel Natale in cui mi hai detto “ti amo” mentre un gruppo di preti cantava poesie irlandesi. Oppure quella notte in cui ti chiesi “Perché ti piace questo posto?” e tu ridesti fino alle lacrime “Perché qui passa ogni genere di umanità! Dove altro potresti sentirti vivo se non qui!?“. Non dimenticherò mai quel giorno in cui mi hai dato quel bicchiere. Dentro c’era un liquore rosso sangue, più rosso di una fiamma ormai adulta, e mi hai detto “Butta giù!“. Mi parlasti del mondo là fuori e di come fosse grigio e senza magia. Di come fosse ingiusta la vita… squilibrata, folle, insensata… di come non valesse la pena viverla in quel modo… di come fosse meglio farla finita in questo posto… il nostro posto… il posto dove tutte le anime dell’universo passavano almeno una volta con le loro storie, le loro vite, raccontando un breve frammento infinito e impresso per sempre nell’etere dell’eternità, destinato a ripetersi e ripetersi e ripetersi ancora una volta, sempre uguale eppure così diverso, così unico, così dannatamente irripetibile.

Vuotai il bicchiere…era amaro… era dolce… era nulla. Ricordo che sospirai un debole “ti… amo…” quando il tuo volto scomparì per sempre e caddi in un sonno profondo senza sogni.

Mi risveglio sempre qui, sai? Qui, al nostro posto… il nostro solito, meraviglioso e lercio posto. E avevi ragione… qui passa tutta l’umanità. Ho visto imperatori romani scopare con prostitute parigine. Monaci buddisti intonare un “Ave Maria” insieme a un manipolo di stupratori. Ho visto Donne pregare in nome della fertilità. Ho ascoltato confessioni di adulterio, assassinio, amore. Ho parlato con un uomo innamorato di sua figlia… una ragazza innamorata di sua madre… un medico cannibale… un bambino violentato… un poeta analfabeta… un cantante sordo… ho parlato con la morte e della sua stanchezza… ho parlato con il vizio e della sua cultura sconfinata… ho parlato con la compassione e della sua falsa tristezza. Ho visto un sacrificio… una danza… ho visto un neonato che piangeva così forte da far tremare il centro della Terra.

Ho visto tutto quello che passava in questo maledetto posto. Lingue diverse, colori, sangue… sogni, speranze, desideri… storie, vite… NULLA…

Mi manchi.

Ogni volta che mi sveglio su questo opaco bancone di schegge di legno mi guardo intorno sperando di vedere di nuovo il tuo volto… o di scorgere la tua sagoma tra un’ombra e una lacrima. Ma non ci sei… non ci sei mai. Ci siamo solo noi… essenze perdute, brandelli di umanità smarriti che parlano e danzano e piangono… e finiscono la propria sbronza con quell’ultimo bicchiere color rosso fuoco… e si risvegliano sempre qui a bere e a ripetere tutto… ancora… e ancora… e ancora…

Ancora mi chiedo perché mi desti quel bicchiere… e mi chiedo quando butterai giù anche tu il tuo unico e irripetibile e infinito bicchiere rosso cuore di carne…

Ti aspetto.

Ti aspetto ancora qui, dolcezza incantatrice, strazio sempreverde. Ti aspetto al solito posto… mio tenero, magico e famelico amore assassino.

Che arrivi presto la notte in cui ritornerai per donarmi la vita un’ultima volta.

Dorian Durden