Sono inginocchiato in mezzo al viale ricoperto da tizzoni ardenti quando l’uomo che mi insegue si avvicina spaventosamente. Cerco di rialzarmi usando tutta la forza che riesco a racimolare, non è tanta, anzi, non trovo neanche la forza per respirare profondamente. Il mio torace si gonfia e si sgonfia in un movimento meccanico terrificante. Nella vita reale si chiamerebbe “attacco di panico”, ma qui è solo “terrore senza volto”. Le mie mani e le mie ginocchia sono ormai carne abbrustolita. Dalla mia pelle fuoriesce un odore nauseante. Provo ad urlare e chiedere aiuto sforzandomi di aprire le labbra inutilmente quando mi chiedo come diavolo sono finito in mezzo a un viale gigantesco zeppo di carboni fumanti. Dove diavolo mi trovo? L’uomo dietro di me non si brucia, questo è chiaro, sento il suo passo calmo e cadenzato che si avvicina ogni secondo di più, come un predatore che osserva la preda ferita e sa che può permettersi di prendere tutto il tempo che vuole. La preda rimarrà lì. Si avvicina. Riesco a sentire il suo respiro, ormai mi è addosso. Il battito del mio cuore accelera vertiginosamente tanto da chiedermi quanto può sopportare un cuore umano prima di esplodere, dannazione, fino a un secondo fa lo sentivo in gola, ora mi sta martellando il cranio. Prego Dio di farmi svenire per non sopportare questo strazio, ma niente… Dio non mi ascolta. L’uomo è perfettamente dietro di me. Sono inginocchiato con le mani sulla brace come un ubriaco pronto a vomitare tutta la tristezza di un’inutile nottata popolata da fantasmi di malinconia e rancore. L’uomo sale sulle mie caviglie con tutto il suo orribile peso. Il dolore è lancinante, ma dalla mia bocca esce solo un rantolo sommesso, una muta espressione di sofferenza, un dipinto perfetto e cupo di una perfetta e cupa maledizione. L’uomo mi afferra i capelli rigettandomi la testa all’indietro. I miei occhi guardano un cielo di cenere e acciaio mentre l’uomo sfodera una lama e la poggia sul mio ansimante e ormai inerme collo. Dalle mie labbra fuoriesce un debole “perdonami” nel momento in cui l’uomo, con un movimento abile e sicuro, simile alla mano del falegname che rifinisce un angolo invisibile di un mobile prezioso senza il minimo dubbio di errore, mi taglia la gola di netto. Il mio urlo diventa un aspro suono gracchiante. Crollo sul suolo incandescente. Il terrore si impadronisce di tutto il mio corpo, non riesco a respirare, il sangue cola sui carboni facendoli risuonare, raffreddandoli per un istante. La puzza è orribile. Le lacrime schizzano fuori senza controllo, ingestibili, quando per un momento un pensiero mi attraversa la testa. Pensavo a tutte quelle persone che riducono il proprio corpo a inutili burattini, inermi, docili come agnelli di fronte al lupo affamato. Annientati nell’anima e nel fisico. Pensavo che probabilmente si sentono come mi sento io in questo preciso momento. Inutile carne al fuoco, carne da macello, carne putrida… nelle vene scorre panico… carne debole, carne corrotta… l’adrenalina sale fino alle tempie… carne terrorizzata, carne vigliacca… i miei occhi sono spalancati in un’espressione di primordiale paura… il cuore è impazzito… il respiro ritorna violento nei polmoni… soffoco… aiutatemi… l’uomo ride… aiutatemi… non respiro… aiutatemi! Aiutatemi!
Mi sveglio.
Era solo un incubo.
Il sudore sulle mie guance è gelido come il profondo dell’abisso più nero. Il respiro è sonoro e spezzato. Cerco di calmarmi, ormai è finito. Sono a casa… inspiro… sono a casa… espiro. Mi alzo, mi butto nella doccia, l’acqua è bollente, esco, mi asciugo, mi vesto e in meno di dieci minuti sono già in mezzo al traffico dell’ora di punta. La gente urla, bestemmia, piange, corre… la gente è triste, arrabbiata, infastidita. La suola del mio stivale preme sull’acceleratore, semino il traffico. Ora sono su un viale… la macchina sfreccia sempre più veloce, sempre più arrabbiata. Il viale si fa sempre più stretto, scomodo, soffocante. Ricomincio a sudare ghiaccio. La fronte diventa gelida, il mio respiro ritorna spezzato, la mano trema sul cambio, lo sterzo vibra come il principio di un terremoto. La gente è insoddisfatta, pigra, crudele… inspiro… la gente insulta, inganna, uccide… espiro… la gente è come me… la gente è infelice.
Intravedo la fine del viale, in fondo la strada, un muro di cemento sbarra la strada. Vicolo cieco. Via senza fuga. Il mondo è come quel cemento… senza colore… senza vita. Solo terrificante pietra inanimata. Lo punto… è dritto davanti ai miei occhi. Accelero. Pochi metri. Ci siamo… Addio!
Mi sveglio.
Il gelo e il panico sono ancora qui
Dannazione!